L'acqua calda che scorre sulla mia pelle mentre mi faccio la doccia
Il cornetto caldo che addento con gusto mentre faccio colazione
Il raggio di sole che mi illumina e mi da quella sensazione di benessere
Gli abbracci che mi fanno sentire al sicuro e protetto
La musica che colpisce dritta al cuore, con mille e più emozioni
Un libro che ti accompagna in un'epica storia, piena di coinvolgimenti
Un sogno, per sentirmi vivo, in una realtà diversa... migliore
Un altro minuto...
Un altro morso...
Un altro raggio...
Un altro abbraccio...
Un'altra canzone...
Un'altra pagina...
Un altro sogno...
Perché questa sei tu, e non ne ho mai abbastanza
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martedì 14 aprile 2020
Non ne ho mai abbastanza
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martedì 17 luglio 2018
Niente di speciale
Non erano niente di speciale quei due: un uomo ed una donna, come se ne vedono tanti in giro. Lui, né alto e né basso, capelli medio-lunghi scuri, occhi castani, fisico magro e per niente muscoloso, naso pronunciato e bocca abbastanza grande. Lei, poco più bassa di lui, capelli lunghi e rossi, occhi verdi smeraldo, un bel sorriso, fisico nella norma. Entrambi con un lavoro umile: lei una cassiera in un supermercato, lui dipendente alle poste. Entrambi hanno a che fare ogni giorno con tante persone diverse. Entrambi, hanno sempre storie tragicomiche da raccontare, accumulando livelli di stress non indifferenti. Eppure, quando li guardavi, vedevi la felicità nei loro occhi e nei loro sorrisi. Non potevano stare molto tempo insieme durante il giorno e c'erano giorni in cui avevano anche altri impegni personali che li tenevano separati. Ma loro si amano ed anche se non possono essere sempre insieme, questo non importa: sanno che possono sempre contare e fidarsi l'uno dell'altra.
Non erano niente di speciale, quei due, eppure stavano benissimo insieme. Baci, abbracci, carezze, tenere parole e semplici gesti per essere felici, senza togliere uscite di gruppo o separati.
Non erano niente di speciale, eppure si piacevano. Si piacevano davvero tanto. Senza screditare o disdegnare gli altri, in loro c'era un'attrazione unica, che non poteva funzionare con nessun altro. Facevano l'amore quei due. Tanto. Spesso. Era uno dei tanti modi per dirsi "Ti amo, voglio stare con te". Entrambi si sentivano desiderati.
Ma il momento più bello era la sera, quando entrambi rientravano a casa. Malgrado la giornata infernale passata, malgrado tutti i problemi che la vita potesse appioppargli, una volta messo piede a casa erano di nuovo felici, loro due soltanto. Era il momento ideale per parlarsi, per raccontarsi la propria giornata, per supportarsi e capire gli eventuali sbagli commessi.
Arriva poi il momento di andare a dormire. Stanchi e stremati, si mettono a letto e cominciano a coccolarsi. Perché, malgrado la stanchezza, loro si amano. Dopo aver fatto l'amore, è tempo di dormire... salvo poi svegliarsi nel cuore della notte e, desiderosi di dare e ricevere amore, svegliare l'altro, felice di venire desiderato a tal punto nonostante la stanchezza e la nuova giornata lavorativa che li aspetta. Ma loro sono felici così. Felici di desiderarsi. Felici di amarsi.
La mattina seguente, dopo una notte praticamente passata in bianco, fanno fatica ad alzarsi. Gli occhi stanchi, gli sbadigli, la difficoltà ad arrivare in cucina per fare colazione. E le risate nel vedersi in quello stato, la gioia nel fare colazione insieme e parlare, ridere, scherzare, baciarsi ed accarezzarsi.
Un ultimo, lungo bacio prima di separarsi per andare a lavoro. Un normalissimo "Buona giornata amore", da essere inteso come un "Ti amo, ci vediamo questa sera!". Ed un'altra altrettanta normale risposta: "Ti chiamo in pausa pranzo". Una semplice bugia, visto che si sarebbero scritti in ogni momento morto, il prima possibile.
Insomma, come ho detto... niente di speciale.
Semplicemente, una coppia che si ama.
Non erano niente di speciale, quei due, eppure stavano benissimo insieme. Baci, abbracci, carezze, tenere parole e semplici gesti per essere felici, senza togliere uscite di gruppo o separati.
Non erano niente di speciale, eppure si piacevano. Si piacevano davvero tanto. Senza screditare o disdegnare gli altri, in loro c'era un'attrazione unica, che non poteva funzionare con nessun altro. Facevano l'amore quei due. Tanto. Spesso. Era uno dei tanti modi per dirsi "Ti amo, voglio stare con te". Entrambi si sentivano desiderati.
Ma il momento più bello era la sera, quando entrambi rientravano a casa. Malgrado la giornata infernale passata, malgrado tutti i problemi che la vita potesse appioppargli, una volta messo piede a casa erano di nuovo felici, loro due soltanto. Era il momento ideale per parlarsi, per raccontarsi la propria giornata, per supportarsi e capire gli eventuali sbagli commessi.
Arriva poi il momento di andare a dormire. Stanchi e stremati, si mettono a letto e cominciano a coccolarsi. Perché, malgrado la stanchezza, loro si amano. Dopo aver fatto l'amore, è tempo di dormire... salvo poi svegliarsi nel cuore della notte e, desiderosi di dare e ricevere amore, svegliare l'altro, felice di venire desiderato a tal punto nonostante la stanchezza e la nuova giornata lavorativa che li aspetta. Ma loro sono felici così. Felici di desiderarsi. Felici di amarsi.
La mattina seguente, dopo una notte praticamente passata in bianco, fanno fatica ad alzarsi. Gli occhi stanchi, gli sbadigli, la difficoltà ad arrivare in cucina per fare colazione. E le risate nel vedersi in quello stato, la gioia nel fare colazione insieme e parlare, ridere, scherzare, baciarsi ed accarezzarsi.
Un ultimo, lungo bacio prima di separarsi per andare a lavoro. Un normalissimo "Buona giornata amore", da essere inteso come un "Ti amo, ci vediamo questa sera!". Ed un'altra altrettanta normale risposta: "Ti chiamo in pausa pranzo". Una semplice bugia, visto che si sarebbero scritti in ogni momento morto, il prima possibile.
Insomma, come ho detto... niente di speciale.
Semplicemente, una coppia che si ama.
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domenica 26 ottobre 2014
Ti Amo
Ti Amo. Due parole che mi hanno cambiato la vita. Due parole che non riesco a dimenticare. Due parole che non ti ho mai detto esplicitamente, un po' per vergogna ed un po' per paura. Più per paura. Solo per paura. Paura della tua reazione, paura del tuo rifiuto. Ed ora è tutto finito, senza aver avuto la possibilità di dirti un "Ti Amo" sincero e dal vivo. E allora lo scrivo. Lo scrivo, sperando che questo messaggio possa arrivarti in un modo o nell'altro. Perché anche se sono passati mesi e tanti altri ne passeranno, quello che provo per te non passa. Resta qui, nella mia mente e nel mio cuore, insieme a quelle due famose parole che non ti ho mai detto, ma che ti ho sempre lasciato intendere con i miei comportamenti e le mie attenzioni. Perché anche se non ci sei, per me ci sarai sempre. Ed anche se leggerai queste righe, so già che le cose non cambieranno. Ma lascia almeno che possa dire liberamente ciò che provo.
Io Ti Amo. Ti Amo perché sei la prima persona ad avermi fatto provare sensazioni mai provate prima. Ti Amo perché sei la prima persona ad essersi avvicinata così tanto a me in così poco tempo. Ti Amo perché mi capisci. Ti Amo perché sono come te e tu sei come me. Ti Amo perché siamo uguali ma differenti, diversi ma simili. Ti Amo perché basta guardarti per farmi sorridere. Ti Amo perché col tuo sorriso mi fai stare bene. Ti Amo perché con i tuoi abbracci sai calmare e scaldare il mio animo. Ti Amo per i tuoi infiniti pregi ed i tuoi pochi difetti. Ti Amo per gli interessi che hai, per la tua curiosità e la tua intelligenza. Ti Amo per la tua dolcezza e sensibilità. Ti Amo per il tuo essere leale e matura. Ti Amo per tante, forse troppe cose. Ma non posso farci nulla. La colpa però è anche un po' tua: se non fossi così perfetta per me, tutto questo non sarebbe accaduto. Se non fossi la mia anima gemella, non avrei mai provato questi sentimenti.
Per tutto questo e per molte altre cose
Ti Amo.
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mercoledì 8 ottobre 2014
Mi manca
Mi manca parlare con te. Stare ore ed ore ad ascoltarti, a consolarti o a spalleggiarti, ascoltando i tuoi problemi o le tue gioie o le tue preoccupazioni. Ascoltavo e mi domandavo come facessi ad essere sempre così interessante e mai noiosa.
Mi manca scherzare con te. Mi facevi ridere, ridere di cuore. Ci conoscevamo relativamente da poco, ma eravamo già in perfetta sintonia. Una sintonia che ho raggiunto con quelle poche persone che conosco da più di 6 anni ormai.
Mi manca passeggiare con te. Per le vie di Lucca o di Rimini, prendendoci un gelato, commentando i vari cosplay, cantando, ridendo e scherzando. Non sai quanto avrei voluto passeggiare mano nella mano.
Mi manca il tuo sguardo. Quello sguardo innocente, eppure sensuale. Quello sguardo dolce, ma pieno di preoccupazioni. Quello sguardo attento e sempre interessato. Ed i tuoi bellissimi occhi che mi mandavano sempre in confusione.
Mi manca il nostro legame. Io ero il tuo Creatore e tu il mio Horcrux, era questa la nostra piccola storia che avevamo costruito insieme. A volte era pure inquietante: avevamo gli stessi pensieri, le stesse idee, ci rubavamo le parole a vicenda, era come essere l'uno nella testa dell'altra. E la cosa mi piaceva da impazzire.
Mi mancano le tue attenzioni. Quando mi cercavi, quando mi contattavi, quando volevi che giocassimo insieme. Ero veramente felice quando lo facevi. Anche quando mi cercavi a notte fonda per parlarmi dei tuoi problemi, facendomi restare sveglio, anche se il giorno dopo avrei dovuto alzarmi presto per andare a lavoro. Non mi importava perché ero felice.
Mi manca il tuo carattere. I tuoi atteggiamenti così schivi con chi non conoscevi e così esuberanti con chi invece eri in confidenza. Il tuo essere estremamente dolce e sensibile, ma anche autoritaria quando la situazione lo richiedeva. E la tua maturità che ogni volta mi lasciava di sasso.
Mi mancano i tuoi abbracci, così calorosi ed affettuosi, così lunghi ed interminabili. Ogni volta era una gioia, ogni abbraccio una festa in gran stile. Una festa silenziosa: solo io, tu ed il nostro abbraccio. Il resto del mondo spariva.
Ed infine, mi manca lui.... il tuo sorriso. Quel sorriso che era la luce per me, che illuminava il mio viso, la mia giornata, la mia vita. Quel sorriso che non vedevo l'ora di vedere. Quel sorriso che mi accompagnava sempre in ogni giornata, nella mia testa. Quando eravamo insieme, cercavo di farti ridere apposta per poterlo ammirare. È una cosa egoista, lo so, ma non potevo farci nulla. Ero assefuatto da quel sorriso così perfetto.
Mi manca..... mi manchi.
Mi manchi terribilmente.
venerdì 18 luglio 2014
Il sogno di noi due insieme
https://www.youtube.com/watch?v=EsMTLkuMBp4 (la canzone del piano, da usare come sottofondo)
Primavera. Una calda e soleggiata giornata di primavera. Il 15 aprile per la precisione, il giorno del tuo compleanno. Preparai il pranzo per noi due soli, nella nostra bellissima casa in campagna, lontano da tutto e tutti. Mangiammo raccontandoci vari aneddoti della nostra gioventù, di quante ne passammo insieme e da soli. Una volta finito di mangiare, ti diedi il tuo regalo. Un libro illustrato di Yayoi Kusama. Ricordai ti piacesse, ed infatti mi ringraziasti con un lungo e caloroso abbraccio, seguito da un lungo ed interminabile bacio. "Strano ricevere regali anche quando non è il nostro compleanno", pensai in quel momento. Iniziasti a sfogliarlo in preda all'eccitazione, sembravi una bambina il giorno di natale. Ti mettesti nel tuo posto speciale, vicino alla finestra che dava sul campo di girasoli. Indossavi un bellissimo abito bianco di seta, proprio come quelle fate che si leggono nelle fiabe.
Eri lì, seduta su quella sedia di legno che un po' scricchiolava, ma che a te piaceva tanto. Ad ogni pagina, il tuo sorriso si allargava sempre di più. Eri la felicità fatta persona. Mentre sfogliavi il libro, io accompagnavo quel momento con il pianoforte che avevamo in soggiorno, sulle note di "To The Same Heights", dalla ost di Clannad, ripensando a quanto abbiamo pianto quella volta che lo vedemmo insieme. E, mentre suonavo, non potevo fare a meno di ammirarti. Ammirare quel viso angelico illuminato dal sole primaverile alto nel cielo, ammirare i tuoi lunghi capelli neri mossi dalla fresca brezza che entrava dalla finestra, ammirare quel tuo sorriso da fare invidia alla Gioconda di Leonardo, ammirare le tue candide mani che dolcemente sfogliavano quel libro, ammirare le tue gambe accavallate che ti donavano un'aria molto innocente e sensuale al tempo stesso. Continuai a suonare e a guardarti. Tu ogni tanto alzavi lo sguardo e ricambiavi sorridendomi. Quando lo facevi, mancavo una nota tanta era l'emozione. Improvvisamente chiudesti il libro e venisti vicino a me, rimanendo in piedi a guardarmi mentre suonavo.
"Cosa c'è?", ti chiesi senza smettere di suonare.
"Aspetto che tu finisca", mi risposi.
"Perché?"
"Perché ho voglia di abbracciarti"
Terminai di suonare la canzone e mi alzai in piedi. Ci guardammo negli occhi: un lungo ed intenso sguardo. Potevo notare quanta meraviglia ed amore si celasse nei tuoi splenditi occhi scuri. Sono sicuro che tu abbia notato lo stesso nei miei. Entrambi stavamo per pronunciare quelle due parole che mai avremmo smesso di ripeterci, che mai ci sarebbero venute a noia, che ogni volta era come fosse la prima volta.
La canzone finì. Il player di youtube era fermo, pronto per essere riavviato. Riaprii gli occhi. La mia mano tremava. Feci cadere la penna sulla scrivania che rotolò fino a cadere a terra. Rilessi l'ultima frase scritta: "che ogni volta era come fosse la prima volta". Una lacrima scese dal mio viso e si infranse sul foglio, bagnandolo. E così un'altra. Ed un'altra ancora. Molte parole erano illeggibili per quanto fossero sbiadite.
Con la mano ancora tremante, raccolsi la penna da terra e scrissi un'ultima parola, alla fine del foglio, nella parte destra. Una parola, una richiesta, un'esclamazione detta con rabbia o sconforto.
Primavera. Una calda e soleggiata giornata di primavera. Il 15 aprile per la precisione, il giorno del tuo compleanno. Preparai il pranzo per noi due soli, nella nostra bellissima casa in campagna, lontano da tutto e tutti. Mangiammo raccontandoci vari aneddoti della nostra gioventù, di quante ne passammo insieme e da soli. Una volta finito di mangiare, ti diedi il tuo regalo. Un libro illustrato di Yayoi Kusama. Ricordai ti piacesse, ed infatti mi ringraziasti con un lungo e caloroso abbraccio, seguito da un lungo ed interminabile bacio. "Strano ricevere regali anche quando non è il nostro compleanno", pensai in quel momento. Iniziasti a sfogliarlo in preda all'eccitazione, sembravi una bambina il giorno di natale. Ti mettesti nel tuo posto speciale, vicino alla finestra che dava sul campo di girasoli. Indossavi un bellissimo abito bianco di seta, proprio come quelle fate che si leggono nelle fiabe.
Eri lì, seduta su quella sedia di legno che un po' scricchiolava, ma che a te piaceva tanto. Ad ogni pagina, il tuo sorriso si allargava sempre di più. Eri la felicità fatta persona. Mentre sfogliavi il libro, io accompagnavo quel momento con il pianoforte che avevamo in soggiorno, sulle note di "To The Same Heights", dalla ost di Clannad, ripensando a quanto abbiamo pianto quella volta che lo vedemmo insieme. E, mentre suonavo, non potevo fare a meno di ammirarti. Ammirare quel viso angelico illuminato dal sole primaverile alto nel cielo, ammirare i tuoi lunghi capelli neri mossi dalla fresca brezza che entrava dalla finestra, ammirare quel tuo sorriso da fare invidia alla Gioconda di Leonardo, ammirare le tue candide mani che dolcemente sfogliavano quel libro, ammirare le tue gambe accavallate che ti donavano un'aria molto innocente e sensuale al tempo stesso. Continuai a suonare e a guardarti. Tu ogni tanto alzavi lo sguardo e ricambiavi sorridendomi. Quando lo facevi, mancavo una nota tanta era l'emozione. Improvvisamente chiudesti il libro e venisti vicino a me, rimanendo in piedi a guardarmi mentre suonavo.
"Cosa c'è?", ti chiesi senza smettere di suonare.
"Aspetto che tu finisca", mi risposi.
"Perché?"
"Perché ho voglia di abbracciarti"
Terminai di suonare la canzone e mi alzai in piedi. Ci guardammo negli occhi: un lungo ed intenso sguardo. Potevo notare quanta meraviglia ed amore si celasse nei tuoi splenditi occhi scuri. Sono sicuro che tu abbia notato lo stesso nei miei. Entrambi stavamo per pronunciare quelle due parole che mai avremmo smesso di ripeterci, che mai ci sarebbero venute a noia, che ogni volta era come fosse la prima volta.
La canzone finì. Il player di youtube era fermo, pronto per essere riavviato. Riaprii gli occhi. La mia mano tremava. Feci cadere la penna sulla scrivania che rotolò fino a cadere a terra. Rilessi l'ultima frase scritta: "che ogni volta era come fosse la prima volta". Una lacrima scese dal mio viso e si infranse sul foglio, bagnandolo. E così un'altra. Ed un'altra ancora. Molte parole erano illeggibili per quanto fossero sbiadite.
Con la mano ancora tremante, raccolsi la penna da terra e scrissi un'ultima parola, alla fine del foglio, nella parte destra. Una parola, una richiesta, un'esclamazione detta con rabbia o sconforto.
"Perché"
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