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martedì 11 settembre 2018

Eroe

"Un vero eroe non è colui che fa del bene o del male. Un vero eroe è colui che fa la cosa giusta."

Le parole di mio padre rimbombavano nella mia testa in continuazione. Perché proprio in quel momento? Perché proprio mentre affrontavo il temibile Lord Vladkenstein?

«È finita Sir Titan! Getta quello spadone ed arrenditi. Non avrai mai la principessa Luna.»

«MAI! È mio compito che la principessa sia al sicuro da esseri pericolosi come te! Sono il suo personale cavaliere e non lascerò che le tue sporche mani la sfiorino!»

«Allora lascerò che ci pensino i miei tentacoli a sfiorarla, BWAHWAHWAHWAH»

Non stava scherzando. Dalla schiena fuoriuscirono 7 tentacoli viola, in tinta con il suo orrido pelo irto. Alla sommità di ogni tentacolo vi era una specie di corno, come una grossa unghia appuntita. Il viso di Lord Vladkenstein era scoppiato in una smorfia di godimento, con i suoi occhi gialli che quasi fuoriuscivano dalle orbite. I tentacoli cominciarono a battere sull'enorme porta di legno che si trovava alle sue spalle. Era la stanza della principessa, dovevo fare qualcosa! Afferrai il mio spadone e mi gettai in un assalto con tutte le mie forze.

«Scherzi vero? Vuoi davvero affrontarmi? Ti mancano le forze, è solamente un attacco suicida!»

«Pensa agli affaracci tuoi! UUURRRRYYYYAAAAHHHHH»

Diedi il colpo che finì dritto sul collo del mostro, producendo un sonoro fragore metallico. Il mostro rimase tuttavia impassibile.

«Tsk tsk tsk, non lo sapevi? Quasi tutto il mio corpo è di puro acciaio! Non riuscirai di certo a scalfirlo con quell'arma da quattro soldi»

Il mostro mi sferrò un calcio, facendomi volare all'indietro di qualche metro. Caddi di schiena e la mia arma finì a pochi centimetri da me. Dietro di me vi era un fossato con la lava bollente pronta ad inghiottirmi per sempre. Il ponte di legno che segnava l'ingresso a quell'ala del castello era la mia unica salvezza.... anche se voleva dire abbandonare Luna... NO! Non l'abbandonerò mai!


"Un vero eroe non è colui che fa del bene o del male. Un vero eroe è colui che fa la cosa giusta."


Ancora quelle parole... perché proprio ora?

«Principessa avanti, aprimi. Sono il tuo bel principe azzurro, venuto a salvarti, BWAHWAHWAHWAH»

Quel mostro continuava a battere sulla porta che oramai stava cedendo. La principessa stava urlando dalla paura mentre io a stento riuscivo ancora a tenermi in piedi.

«Oh ma che bravo, riesci ancora a tenerti in piedi! Non dev'essere facile con quell'armatura di ferro, non è vero? Stupido umano, voglio darti un'ultima possibilità. Girati, percorri il ponte e vattene per sempre. Almeno così vivrai.»

Il mostro aveva ragione... non ero abbastanza forte, né abbastanza veloce per poterlo fronteggiare.

Chiusi gli occhi e l'oblio mi avvolse...

Iniziai a ricordare...

Ricordi indelebili di quando eravamo più piccoli...



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«Hey Titan, aspettami, non correre così, non riesco a starti dietro!»

«Sei troppo lenta Luna, così non mi prenderai mai, ahahah!»

Avevamo 7 anni. Lei era l'unica figlia del re e della regina del regno di Roimian. Io l'unico figlio del primo cavaliere al servizio del re. Ricordo i faticosi allenamenti che facevo per poter un giorno diventare come mio padre. Ma ricordo anche i momenti di svago insieme alla principessa Luna. Eravamo adorabili! Giocavamo, ridevamo, chiacchieravamo. Lei mi insegnava le cose sul suo regno mentre io le davo qualche lezione di combattimento. Lei aveva un carattere forte, sicuramente più forte del mio, mentre io ero mite e calmo. Ricordo anche che fu lei a difendermi dall'attacco di un bullo, il figlio del cuoco di corte.

«Ecco dov'eri Titan!»

Mio padre, il primo cavaliere, era il combattente più forte di tutto il regno. Era imbattibile!

«Padre! Stavo vedendo chi tra me e Luna fosse il più veloce. Non c'è storia, la batto su tutti i fronti, ahah»

Ricordo anche il ceffone che ricevetti.

«Non bisogna mai deridere chi si impegna con tutte le proprie forze per raggiungere un traguardo»

Ricordo che piansi tantissimo e che Luna mi consolò. Ma capii la lezione. Mio padre era un uomo estremamente saggio, forse addirittura più saggio del re.



Passarono gli anni, io e Luna eravamo sempre più uniti. D'altronde io ero il suo cavaliere personale. Successe quando avevamo 14 anni...
Eravamo nella sala grande a banchettare per il compleanno di Luna. Era proprio quello il giorno in cui avrebbe compiuto 14 anni. Mentre le ballerine ci deliziavano con un magnifico e pittoresco ballo, ecco che il grande portone della sala si spalancò.... la musica si fermò di colpo, così come tutti gli invitati, volti con lo sguardo verso quella strana creatura che si era presentata.

«Vorrei gentilmente la principessa», disse con tono calmo quella specie di mostro.

Il re ordinò alle sue guardie di attaccare, ma la creatura le sconfisse con estrema facilità.

«Vorrei gentilmente la principessa», disse nuovamente, questa volta con tono più rabbioso.

Il re gli mandò contro altre guardie, ma il risultato non cambiò.

«DATEMI LA PRINCIPESSA!», urlò furibondo.

Mio padre ed io ci precipitammo in mezzo alla sala, mentre tutti gli invitati si rifugiarono ai lati della stessa.

«Perché vuoi la principessa mostro?» disse mio padre senza battere ciglio.

«Non è affar vostro messere. Vogliate gentilmente spostarvi così che possa prendere ciò che è mio di diritto»

Non capimmo cosa volesse dire e mio padre partì all'attacco, ferendo il mostro ad un braccio. Tuttavia quest'ultimo non reagì minimamente, si limitò ad osservare la ferita.

«Perché mi attacchi uomo?» disse il mostro continuando a guardare la ferita ed il sangue viola che sgorgava da essa.

«Perché vuoi fare del male alla principessa e non te lo permetterò!»

«Quando ho detto di volerle fare del male?»

Tutti nella sala rimasero di sasso. Vidi per la prima volta mio padre in difficoltà, non sapendo come rispondere. Il mostro cominciò a muoversi ma mio padre gli puntò la spada alla gola.

«Perché vuoi fermarmi? Quella ragazza mi appartiene di diritto»

«Non ti credo, mostro! Come può una così nobile e pura fanciulla appartenere ad un mostro come te?»

«Perché è per merito mio che è nata. La regina non poteva avere figli ed il re era disperato che non potesse dare un erede al regno. Così venne da me in cerca di aiuto. Gli diedi una pozione da far bere alla regina e così, 9 mesi dopo, nacque una bambina. Ma avevamo un accordo: io gli davo la pozione e lui in cambio mi avrebbe dato la bambina non appena avesse raggiunto 14 anni. Ed ora sono qui, ad onorare quel patto»

Sembrava folle, ma il re stava sudando freddo con un'espressione di terrore e vergogna sulla sua faccia, ben visibile da tutti i presenti. La regina scoppiò a piangere, mentre Luna era ancora incredula. Mio padre allora fece una cosa che mai pensai che avrebbe potuto fare: fece cadere la spada e si inginocchiò davanti al mostro, supplicando: «Ti prego, risparmia la principessa e prendi me al suo posto!»

Il mostro ci pensò per qualche secondo ed infine accettò. Quando stavo per intromettermi, mio padre mi fermò abbracciandomi e mi sussurrò all'orecchio

«Un vero eroe non è colui che fa del bene o del male. Un vero eroe è colui che fa la cosa giusta.»

Mi disse anche che un giorno avrei capito e se ne andò insieme al mostro. Da allora non rividi più mio padre.




Passarono altri anni, ora sia io che la principessa avevamo 21 anni. E fu allora che fu rapita sempre dallo stesso mostro. Combattei ma venni sconfitto, però il mostro mi risparmiò. Decisi allora di seguirlo fino alla sua 'tana', da solo. Non erano necessari altri sacrifici umani!


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Riaprii gli occhi ed analizzai meglio la situazione. Quello che aveva detto il mostro è vero: con l'armatura sono più lento! Mi tolsi l'armatura e ripresi in mano la mia arma.

«Oh bene, ti sei tolto quella zavorra! Ora sarai più veloce... ma anche più debole ai colpi!»

Uno dei suoi tentacoli cercò di colpirmi, ma lo schivai grazie alla mia nuova agilità. Presi l'arma e con un fendente ben assestato riuscii a tagliare quel tentacolo.

«Quindi non sei imbattibile su tutto il corpo!». Avrei dovuto arrivarci da solo, quei tentacoli devono per forza essere meno resistenti visto quanto sono flessibili e sottili. Con uno scatto, arrivai dietro al mostro e tranciai tutti i rimanenti tentacoli. Il mostro sembrava sorridere...

«Allora non sei proprio da scartare! Hai fegato ragazzo.... Ed ora, che intenzione avresti?»

«Quella di farti fuori per aver rapito la principessa!». Con una forte spallata riuscii a spingere il mostro fino al bordo del precipizio, facendomi un gran male a causa della durezza della sua pelle. Infine, afferrai la mia spada con entrambe le mani e, con tutte le mie forze, diedi un sonoro fendente con il quale riuscii a tagliare il polso del mostro, facendolo sbilanciare.

«Sei diventato molto più forte di quanto mi aspettassi. Ma ricorda... Un vero eroe non è colui che fa del bene o del male. Un vero eroe è colui che fa la cosa giusta. Sarai all'altezza del compito?» furono le ultime parole del mostro prima di precipitare nel mare di lava. Le stesse parole che mio padre mi ripeteva sempre... cosa significa tutto ciò?
Non ebbi il tempo di fermarmi a pensare. Corsi subito verso la stanza dove era tenuta prigioniera Luna. Entrai e la vidi rannicchiata in un angolo, tremante di paura. Aveva un elegantissimo vestito azzurro, degno di una principessa. Risaltava il colore dei suoi occhi e dei suoi bellissimi capelli biondi. Quando mi vide, corse verso di me e mi abbracciò. Io feci altrettanto, ma mentre l'abbracciavo il mio sguardo cadde su di uno specchio li vicino. Uno specchio a grandezza uomo. Ed è in quello specchio che vidi l'immagine di una principessa... e di un uomo qualunque. Senza la mia armatura, ero un poveraccio. Non ero ancora degno del titolo di primo cavaliere, il re non sa nemmeno che sono venuto qui a recuperare sua figlia e a quest'ora avrà incaricato qualche principe di un regno limitrofo di venirla a salvare, dandola in sposa come ricompensa. Abbracciandola potevo sentire il suo profumo, un buonissimo odore di rose. Niente a che vedere con la mia puzza di zolfo e sangue. Quando ci staccammo dall'abbraccio, notai che le ebbi sporcato il vestito. Me ne vergognai. Lei era tutta carina nei modi, educata, istruita. Io invece ero ignorante e maldestro.

«Sapevo che saresti venuto a salvarmi! Certo mi sarei aspettata un qualche noto e bel principe, ma mi accontento» disse ridendo. Sapevo che scherzasse, ma cominciai a pensare. Cominciai a pensare alle nostre diversità. Al fatto che lei fosse una principessa ed io un uomo qualunque. Che lei avesse avuto un'educazione diversa dalla mia. Che i nostri caratteri siano sempre stati diversi, anche ora che siamo cresciuti.

Lei mi prese la mano e, cominciando ad arrossire, disse: «Penso che quando arriveremo a palazzo dovrò dirti una cosa molto importante». Mentre me lo diceva non riusciva a guardarmi in faccia e teneva lo sguardo fisso sul terreno, arrossendo sempre di più. E lì io capii. Capii cosa stesse succedendo. Uno sbaglio. Un tremendo sbaglio.

Non dissi nulla. Allontanai la sua mano, mi girai e mi avviai verso il ponte di legno. Lei mi seguì senza dire una parola, ma con un'espressione sorpresa e delusa.

Arrivati al ponte di legno, mi fermai prima di attraversarlo. Mi girai e la guardai fissa negli occhi. Lei era bellissima e così diversa da me. Eravamo così diversi...
Cominciò a venire verso di me senza capire cosa stesse succedendo, io però glielo impedii, puntandole la lama della mia spada contro. Ora sul suo sguardo notai paura. Feci un passo all'indietro e mi ritrovai all'inizio del ponte di legno. Con un fendente tagliai una parte delle corde che legava il ponte al pavimento di pietra e cominciò ad oscillare pericolosamente.

«Fermo! Cosa stai facendo, sei forse impazzito?!»

«Non possiamo stare insieme» dissi freddamente.

«Ma che... che stai dicendo? Cosa ti salta in mente?». Ora era rossa in volto, ma dalla rabbia.

«Dovrai rimanere qui finché un principe non verrà a salvarti. Solo così potrai... anzi, potremmo essere entrambi felici»

«Fermati Titan, ti prego! Io ti amo, non puoi dire una cosa simile!»

«Ma io no Luna. Le nostre strade si dividono qui. Ti auguro tanta felicità».

Tagliai le restanti corde e mi aggrappai al ponte che oscillò come un pendolo fino a sbattere al muro opposto. Mentre oscillavo, notai il volto rigato dalle lacrime di Luna. Sentivo le sue parole di odio contro di me. Sentivo il suo odio dentro di me. E faceva male. Faceva malissimo.

"Un vero eroe non è colui che fa del bene o del male. Un vero eroe è colui che fa la cosa giusta."

Sapevo di aver fatto la cosa giusta...


Una volta rientrato a palazzo, presi la mia roba senza essere visto e me ne andai. Cominciai a vagare tra le contee del regno, in cerca di qualche occupazione. Seppi poi che Luna fu salvata da un noto principe di un regno non molto distante dal nostro e che andò a vivere da lui. Fui contento di sapere che stesse bene.

Ma da quel momento, ogni volta che visitavo una città, ricevevo solo una marea di insulti.

«Sei quello che ha lasciato la principessa Luna da sola in quel castello!»
«Sei un vigliacco e traditore!»
«Dov'è finito il tuo orgoglio di cavaliere? La principessa poteva morire!»
«Di la verità, te la sei fatta sotto non è vero?»

E tanti altri insulti e minacce. La gente non voleva nemmeno avvicinarsi a me a meno che non offrissi loro dell'oro. Perché tutto questo? Solo per aver pensato al nostro bene? Solo per aver pensato al meglio per entrambi? Perché devo ricevere tutta questa cattiveria?

Soprattutto: possibile che sia stata proprio lei a mettermi in cattiva luce!? Anche dopo tutto il tempo passato insieme? Anche dopo essere cresciuti insieme, tra gioie e dolori?

Mentre mi scervellavo per venirne a capo, ricordai un'altra tipica frase che era solito dire mio padre

"Sei libero di scegliere, ma non sarai mai libero dalle conseguenze della tua scelta"

Ho fatto una scelta a fin di bene... ed ora devo pagarne le conseguenze.

domenica 30 giugno 2013

I sentimenti dello Scrittore - parte 1

«Ero uno scrittore di fama mondiale. Le mie storie piacevano a tutti e venivano tradotte in diversi Paesi nel mondo. Avevo articoli su riviste e giornali, anche in prima pagina. Venivo invitato ad eventi e trasmissioni televisive in cui parlavo dei miei libri. Tenevo delle lezioni a scuole ed università, in cui parlavo agli alunni della bellezza dello scrivere e le sensazioni che si potevano provare e far provare a chi legge le nostre storie, i nostri pensieri, le nostre emozioni. Ma ora.... ora non ci riesco, non riesco più a scrivere! È terribile: mi metto davanti al pc e niente... il foglio di word rimane bianco. Allora esco, vado a fare una passeggiata, in attesa che l'ispirazione mi colpisca. Vado al parco, mi siedo su una panchina, vedo la gente passare: coppie di innamorati, bambini che giocano, anziani che passeggiano, ragazzi o ragazze che portano a spasso il proprio cane... ed io sono lì, con un taccuino in una mano e la penna nell'altra. Taccuino destinato a rimanere vuoto. Eppure sento che dentro di me, nel profondo, la voglia di scrivere c'è. Lei cosa ne pensa dottore? È grave? Esiste un rimedio?»

Jacob McCansey fu un talentuoso scrittore. Per due anni è stato sulla cresta dell'onda, restando sempre nelle prime posizioni delle classifiche. I suoi libri vendevano tanto, le sue storie appassionavano grandi e piccini di qualunque sesso e religione. Ma da qualche mese oramai non riusciva più a scrivere nulla. Era nella tipica fase del 'blocco dello scrittore' in cui uno scrittore vorrebbe scrivere, ma non riesce a tirare fuori nulla. Neppure una misera idea. Si era quindi rivolto ad uno psicologo, il Dr. Mennell, per riuscire a guarire da questo blocco.

Mennell: «Beh caro signor McCansey, sembra proprio il classico caso del blocco dello scrittore. Purtroppo non esistono cure, deve aspettare che passi. Lei deve comunque impegnarsi ogni giorno, cercando di trovare ispirazione ovunque, anche nelle piccole cose»

Jacob: «Ma è quello che faccio! Le ho provate davvero tutte, ma di risultati ancora nulla. La prego, deve esserci almeno un modo!»

Mennell: «Beh, un modo ci sarebbe... però non è sicuro»

Jacob: «La prego, farei qualsiasi cosa!»

Mennell: «Si tratta di utilizzare una tecnica di ipnotismo: grazie a questa, quando lei dormirà, potrà colloquiare direttamente con il suo subconscio. Non si hanno ancora testimonianze certe dell'avvenuta riuscita del colloquio, è una tecnica ancora in fase sperimentale...»

Jacob: «Va bene, proviamola subito!»

Mennell: «Ne è sicuro? Deve firmarmi questi documenti, non voglio assumermi la responsabilità delle conseguenze»

Jacob: «Firmerò ogni cosa, basta che possiamo procedere!»

Dopo aver firmato quei documenti, il Dr. Mennell fece la seduta di ipnotismo a Jacob, il quale ringraziò e tornò a casa. Era sera e Jacob non vedeva l'ora di andare a dormire.

Jacob: «Bene, è ora di dormire! Però sono troppo eccitato.... non riesco! Vediamo.. proviamo a contare le pecore.... una... due... tre....»

«quattro... cinque... sei... set...AIO! Stai più attenta! Stupida... p-pecora? Dove diavolo sono capitato?»

Jacob era stato appena colpito da una pecora intenta a saltare una staccionata in un giardino che pareva infinito.

«Stai sognando»

Jacob: «Ah, alla fine sono riuscito ad addormentarmi! Chi sei tu?»

«Sono il tuo subconscio. Puoi chiamarmi Alias»

La figura che Jacob aveva davanti era quella di un essere umano tutto scuro, ma non si riusciva a capire se fosse un uomo o una donna.

Jacob: «Che fortuna trovarti subito! Hai qualche storia interessante da raccontarmi?»

Alias: «Vai subito al punto tu, eh? Sì, ho delle storie che potrei raccontarti, però devo avvertirti: non abusarne. Posso anche darti qualche dritta, ma questo è un problema che devi risolvere tu stesso. Siamo intesi?»

Jacob: «Sì sì, ma adesso dammi la storia!»

Alias: «Sigh, è incorreggibile... d'accordo, seguimi»

I due entrarono in una folta nube... per poi risbucare in un luogo incantato, con boschi fatati, magiche creature ed un fantastico castello.

Alias: «Per cominciare direi che possiamo prendere in considerazione una storia per bambini. C'era una volta....»

Alias iniziò a raccontare e tutto ciò che raccontava, Jacob poteva viverlo in prima persona.

"C'era una volta, una piccola ranocchia di nome Anya. Non era molto bella ed in più la sua voce era rauca e sgradevole. Gli altri animali non volevano giocare con lei a causa di questi difetti anzi, la prendevano in giro.
'Sei veramente brutta' disse il rinoceronte, 'la tua voce mi fa venire il mal di testa' lamentò l'usignolo, 'quando entri tu nell'acqua, sporchi tutti' sentenziò il coccodrillo. La povera ranocchia era triste per tutte le cose cattive che le dicevano e quindi piangeva. Pianse così tanto da allagare l'intero regno. Il livello dell'acqua si alzò fino ad arrivare alla stanza più alta del castello, dimora del principe Gaspare di soli 6 anni. Il principe, udendo questo pianto straziante, si affacciò alla finestra e vide la ranocchia sopra una foglia di ninfea che continuava a piangere.

'Ciao! Posso chiederti perché stai piangendo?' chiese il principe.
'Tutti mi prendono in giro per il mio aspetto e la mia voce, dicono che sono orrenda'
'Ma non è vero, non starli ad ascoltare'
'Non trovi che io sia orrenda?'
'No, affatto. Perché non entri nella mia camera e giochiamo un po', ti va?'

Anya non se lo fece ripetere due volte. I due giocarono per tutto il giorno e nacque subito una splendida amicizia.

'Sai, ho sentito una storia: parla di una principessa che baciò un ranocchio e questo si trasformò in un bellissimo principe. Magari se provassimo, io potrei diventare bellissima!' disse Anya.
'Perché mai dovremmo fare una cosa simile? Sei perfetta così come sei. E poi da tempo desideravo una vera amica. Mia madre mi fa giocare sempre con principi e principesse.... non è divertente!' rispose il principe.

La ranocchia fu contenta di sentire quelle parole. I due rimasero per sempre amici e non si lasciarono mai!"

Alias: «Fine della storia. Allora, che ne dici? Può funzionare?»

Jacob: «Sì sì, non è affatto male! Preparatevi, Jacob McCansey sta tornando!»

Giunse la mattina, Jacob si svegliò di ottimo umore: si mise al pc e cominciò a scrivere ciò che aveva vissuto la sera prima. Mandò la storia subito al suo editore che provvedé a mandarla in stampa immediatamente. La storia fu un successo tra i giovanissimi e Jacob tornò sulla cresta dell'onda. "Il ritorno in gran stile di McCansey" scrivevano i giornali. Alla radio la notizia veniva trasmessa con regolarità. Ci fu anche un servizio su diversi TG. Jacob era finalmente felice... ma non gli bastava! Voleva ancora di più: più fama, più successo, più visibilità. Voleva essere al centro dell'attenzione.

Passò qualche giorno ed una sera....

Jacob: «Alt, brutte pecoracce! Oh... ma non c'è nessuno»

Alias: «Eh già, oggi niente pecore. Allora, sei rimasto soddisfatto del successo ottenuto?»

Jacob: «Certo che sì, ma non mi basta! Hai qualche altra storia?»

Alias: «Beh, a dir la verità sì, ma dovresti pensare tu stesso ad inventarne delle altre...»

Jacob: «Ma tu sei "me stesso"! Quindi se le chiedo a te è come chiederle a me»

Alias: «Quello che sto cercando di dirti è che potrebbe diventare pericoloso...»

Jacob: «Suvvia, per due storie che mi racconti! Andiamo, raccontamene un'altra!»

Alias: «... e va bene. Ma che sia l'ultima! Andiamo»

Questa volta l'ambientazione era medievale: principesse, cavalieri, castelli, battaglie.... non era più roba per bambini.

Jacob: «Figo, finalmente si inizia a ragionare! Vediamo un po' cosa ci propone questo scenario»

"Melissa era la principessa del regno di Tamaral. Era bella, era aggraziata, era.... FORTE! Così forte che non doveva essere salvata anzi, era lei a salvare i principi in pericolo o in difficoltà, finendo poi per avere una fila di spasimanti. Lei però rifiutava tutti: non voleva che il suo sposo fosse più debole di lei. I vari principi e cavalieri che chiedevano la sua mano erano soliti sfidarla a duello: chi l'avrebbe sconfitta, avrebbe avuto la sua mano. Nessuno però riusciva a sconfiggerla. Un bel giorno, mentre era ad allenarsi sopra i tetti delle stalle, mise il piede in malo modo e cadde.... per fortuna un uomo in armatura stava passando di lì e la prese al volo... beh, non proprio: Melissa gli cadde letteralmente addosso.

'Che male.... per fortuna che passavate di qua messere! Mi avete salvato la vita!' disse Melissa con profonda ammirazione per quel giovane.
'Beh, non ho fatto niente, mi siete solo caduta addosso mia principessa....', rispose il giovane.
'Posso sapere il nome del mio salvatore?'
'Ehm, Lancer'
'Oh prode Lancer, accetti questo mio umile dono come ringraziamento'. Melissa porse al ragazzo un candido fazzoletto di seta. In quel momento, i loro sguardi si incrociarono. Lancer era un ragazzetto con una faccia non troppo sveglia, le lentiggini, un naso a patata, capelli corti e biondi ed occhi castani. Non era proprio il tipo che potesse interessare a Melissa. Ma a lei questo non importava: le aveva salvato la vita, quindi doveva diventare suo marito! Cominciò quindi a pedinarlo in ogni cosa che facesse, cercando di sedurlo il più possibile. Ma Lancer sembrava non vederla. Questa cosa dava sui nervi a Melissa che si domandava come mai non provasse interesse per lei. Provò a donargli dei fiori, a dedicargli un sonetto, dandogli ogni genere di dono... tutte cose che vennero brutalmente respinte. Alla fine Melissa scoppiò: 'Non è possibile che rifiuti tutte le mie attenzioni! Cosa c'è che non va in me?'
'Non c'è nulla che non va, mia principessa. È solo che a me non piacciono le donne' disse Lancer.
'Come non ti piacciono le donne? E come mai sei un cavaliere?' chiese sorpresa Melissa.
'Non ho mai detto di essere un cavaliere' replicò Lancer.
'Ma indossi un'armatura!', Melissa cominciò ad agitarsi.
'Oh, questa non è mia: è di Sir Nicolas, il mio fidanzato. Ogni tanto la indosso per andare a fargliela lucidare o per aggiustarla, così si trasporta più facilmente. Ora dovete scusarmi mia principessa, ma il mio pucci pucci  mi sta aspettando. I miei omaggi'. Detto questo, Lancer si allontanò saltellando in maniera molto poco virile.
'Sir Nicolas... una volta ci provai con lui e mi rifiutò... ora capisco il perché... Voglio morire. PERCHE' DEVO ESSERE COSI' SFIGATA!'
'Hai sentito qualcosa tesorino?' disse Lancer
'Forse è una capra che urla, non farci caso... guarda piuttosto la luna, non è bellissima? Certo, non bella quanto te....' esclamò Nicolas."

Alias: «Fine! Che ne dici? È abbastanza originale, non trovi? Sicuramente troverà il consenso dei più grandicelli»

Jacob: «A me ha un po' inquietato... però devo ammettere che è divertente tutto sommato! Appena mi sveglio, mi metterò subito al lavoro»

Alias: «Beh, allora cosa aspetti? SVEGLIATI!»

Jacob si svegliò nella sua stanza. Era mattina ed alcuni raggi di sole penetravano lievemente le tende alla finestra della sua stanza.

Jacob: «Devo mettermi subito al lavoro!»

In men che non si dica, il racconto era subito pronto. Il suo agente approvò e venne mandato subito in stampa. Anche qui, successo clamoroso. "Un'avventura nello humor e la malizia: il grande scrittore McCansey colpisce ancora!", le recensioni dei giornali erano entusiaste! Jacob era felice, ma non ancora pienamente soddisfatto del risultato. Voleva ancora più fama, ancora più visibilità.

Jacob: «Tutto ciò non mi basta ancora. Voglio di più. VOGLIO ANCORA PIU' FAMA E GLORIA! ANCORA, ANCORA ED ANCORA!»

Jacob ancora non sapeva di aver intrapreso una strada di non ritorno....