giovedì 6 giugno 2013

Cosa vedi nell'ombra? (Ask.fm)

«MAMMAAAAAAAAAAA»

Nel pieno della notte, un urlo proveniente dalla camera del suo giovane bambino fece svegliare di soprassalto una giovane donna che si precipitò da lui.

Madre: «Cosa c'è Alberto!? Perché urli in questo modo?»

Alberto: «Ho visto qualcosa nell'ombra... voleva sicuramente farmi del male...»

Madre: «Ma Alberto caro, non c'è niente nell'ombra. Quelle cose che ti dicevo quando eri più piccolo, le dicevo solo per farti stare buono. Non esiste l'uomo nero, non esiste il mostro che vive sotto il tuo letto come non esiste quello che si trova nel tuo armadio»

Alberto: «Ma te lo giuro mamma, c'era qualcosa nell'ombra. Mi ha anche salutato... con una voce spaventosissima!»

Madre: «Avrai sicuramente fatto un brutto sogno. Ora rimarrò qui finché non ti addormenterai»

Alberto: «Posso dormire con la luce accesa?»

Madre: «... e sia. Ma solo per questa notte»

Ma le notti divennero due, poi tre, quattro, cinque.... Alberto si abituò a dormire con la luce accesa, aveva troppa paura che 'qualcosa' spuntasse fuori dall'ombra in qualunque momento. Gli psicologi hanno dato tutti lo stesso responso: «la paura del buio è stata causata da un qualche trauma. Probabilmente il piccolo deve aver avuto un incubo incentrato sul buio e, quando si è svegliato, si è ritrovato in una stanza buia, pensando che l'incubo non fosse ancora finito. Questo ha accentuato il trauma, tramutando tutto in fobia: suo figlio soffre di acluofobia, la paura del buio appunto». Molti sono stati i mezzi utilizzati dalla madre per porvi rimedio, ma è stato tutto inutile. L'unico sollievo per Alberto era di avere sempre con se una fonte di luce, anche se piccola, l'importante era non rimanere completamente al buio.

Gli anni passarono ed Alberto cresceva: aveva da poco raggiunto i 20 anni, era felicemente fidanzato ed aveva un sacco di amici. Dormiva ancora con la luce accesa durante la notte, ma questo non rappresentava un problema, né per la sua ragazza né per i suoi amici. Questa felicità però non era destinata a durare....

Michela: «Alberto senti, dobbiamo parlare»

La sua amica Michela lo prese in disparte mentre erano all'università e gli disse: «So che vuoi fare il simpatico e le prime due volte poteva anche starci, però ora stai esagerando»

Alberto: «Ma di cosa stai parlando?»

Michela: «Parlo dei tuoi messaggi personali su facebook, a me ed agli altri. Sono pieni di insulti e di cattiverie gratuite. Cosa ti abbiamo fatto di male? Se hai un problema perché non ne parli con noi invece di offenderci?»

Alberto: «Michela, ti giuro che non ho proprio idea di cosa tu stia parlando. Non ne so niente di questi insulti, e cattiverie»

Michela: «Allora quando arrivi a casa controlla i messaggi di facebook che hai mandato a me ed agli altri»

Al suo ritorno a casa, Alberto si fiondò al pc per vedere i messaggi privati su facebook. Effettivamente erano riportati insulti e cattiverie al suo gruppo di amici.

"Ma... queste cose non le ho scritte io! Chi mai potrà essere stato? Possibile che mi abbiano rubato l'account? O che sia stata la mia ragazza? Forse dovrei parlarci", pensò Alberto mentre si scusava con tutti i suoi amici e modificava la password del suo account.

Alberto: «Letizia, devo dirti una cosa»

Letizia: «Dimmi amore, è successo qualcosa?»

Alberto: «Ultimamente i miei amici hanno ricevuto insulti su facebook tramite messaggio privato. Il brutto è che sono io il mittente di quei messaggi... tu ne sai qualcosa?»

Letizia: «Cioè stai pensando che sono stata io a mandare quei messaggi attraverso il tuo account? Perché mai avrei dovuto farlo? Sentiamo»

Alberto: «Ah non ne ho idea, dimmelo tu. Forse sei gelosa di loro?»

Letizia: «Gelosa? IO? Alberto, credo che tu stia vaneggiando»

Alberto: «E allora spiegami come sia possibile tutto ciò!»

Letizia: «Forse un furto di account? È incredibile come tu non ti fidi di me... forse per un po' di tempo è meglio non sentirci, così da schiarirti le idee»

Detto questo, Letizia se ne andò, delusa ed amareggiata. Alberto pensò che fosse la cosa migliore.
I giorni passarono, sembrava tutto tranquillo quando...

Michela: «Alberto, tu con noi hai chiuso!»

Alberto: «Eh? Che cosa ho fatto?»

Michela: «E me lo chiedi anche? Guarda cosa hai scritto questa mattina!»

Michela porse il suo cellulare ad Alberto che vide delle cose orribili scritte sul conto di Michela tramite i messaggi privati di facebook.

Alberto: «No, non è possibile, non posso averlo scritto io!»

Michela: «E chi l'ha scritto? La fatina dei denti? O l'uomo nero? Forse il tuo dormire con la luce accesa non è l'unico disturbo che hai... va a farti curare, noi non vogliamo più avere niente a che fare con te!»

Alberto era confuso e, con una punta di tristezza, disse a bassa voce: «Ma sì, andatevene pure. Chi ha bisogno di voi? Posso benissimo farcela anche da solo!»

Alberto sapeva di aver appena detto una sciocchezza. "Spero che Letizia si faccia sentire al più presto, mi sento così solo....", pensò.
Il suo cellulare vibrò. Il mittente era 'Amore <3'.
"Un messaggio di Letizia! Forse vorrà fare la pace"
Il messaggio recitava: "Dobbiamo parlare, possiamo vederci oggi alle 16?". Alberto era speranzoso ed acconsentì.

Una volta arrivato al luogo dell'appuntamento, Alberto vide Letizia in lacrime mentre era intenta a guardare il cellulare.

Alberto: «Eccomi qui, dovevamo parlare ma... perché sei in lacrime?»

Letizia: «Perché fai il finto tonto? Cos'è, un altro tuo disturbo?»

Alberto: «Ma che avete tutti oggi! Io ho solamente paura del buio, non sono uno psicopatico!»

Letizia: «Beh allora guarda questo messaggio che mi hai inviato ieri notte!»

Il messaggio recitava quanto segue: "Ho capito che non ti amo, ho trovato un'altra donna che sa rendermi felice. Il prenderci una pausa è la cosa migliore che potesse mai capitarmi. In tutto questo tempo non ho fatto altro che soffrire, tutto per causa tua. Spero vivamente che tu possa soffrire allo stesso modo. Addio"

Alberto era incredulo: «N-non è p-possibile... quel messaggio non l'ho scritto io, te lo giuro!»

Letizia: «Il numero è il tuo, il messaggio è delle 2 di notte. Chi altri può essere stato a scriverlo? Forse la puttana che ti porti a letto?»

Alberto: «Io a quell'ora dormivo! Sono andato a letto all'una di notte perché ero stanco!»

Letizia: «E allora sarai anche sonnambulo oltre che acluofobico! Vai a farti curare Alberto, non lo dico con cattiveria»

Alberto: «No dai.... dammi un'altra possibilità, ti prego»

Letizia: «È troppo tardi... buona fortuna»

Letizia si allontanò con gli occhi in lacrime, senza mai voltarsi. Alberto non capiva cosa stava succedendo, provava solo un forte dolore.
Il suo cellulare stava squillando. Era il numero di casa.
"No mamma... non ora", pensò Alberto che rifiutò la chiamata. Cominciò a vagare in giro per la città, senza una meta. Doveva riflettere su tutto ciò che gli stava accadendo. Il cellulare continuava a squillare, ma lui non rispose nemmeno una volta, finché non si spazientì e finalmente rispose: «STO TORNANDO!» ed attaccò subito dopo, senza dare modo di rispondere.
"Sarà meglio tornare... sta per fare buio e ho la batteria del cellulare quasi scarica... non vorrei ritrovarmi in una zona buia con il cellulare scarico"

Una volta arrivato a casa, Alberto vide un'ambulanza e delle volanti della polizia parcheggiate sotto casa. Un poliziotto stava tenendo a bada una piccola folla di curiosi. Alberto stava per entrare quando fu fermato dall'agente.

Agente: «Dove vuole andare lei?»

Alberto: «Io abito qui, c'è qualche problema?»

Agente: «A quale interno?»

Alberto: «Il 13, all'ultimo piano... perché?»

Agente: «... faresti bene a sbrigarti ragazzo.... mi dispiace»

Alberto cominciò ad agitarsi: fece di corsa le scale ed arrivò senza fiato all'ingresso di casa sua. Lì vide molti poliziotti in divisa ed altre persone intente a parlottare e fare foto. Un agente si avvicinò al ragazzo

Agente: «Tu vivi qui?»

Alberto: «*anf anf* sì, vivo qui con mia madre *anf*, ma cosa è successo?»

Agente: «È meglio che tu lo veda... sii forte»

L'agente accompagnò il ragazzo nella camera da letto della madre e lì la vide: era sua madre distesa sul letto con un'espressione raccapricciante sulla faccia.

Agente: «Abbiamo ricevuto una segnalazione di un incidente avvenuto in questo appartamento. Quando siamo arrivati la porta era chiusa a chiave, abbiamo dovuto forzarla. Tua madre era in questa stanza al buio più totale. Il medico legale dice che l'ha colta un infarto»

Alberto: «Ma....mamma....»

Agente: «Tua madre era in salute? Faceva uso di strane sostanze? Prendeva medicine particolare?»

Alberto: «P...perché.... mamma....»

Agente: «Ragazzo, mi stai ascoltando? So che è difficile, ma se rispondi a queste domande sarà più facile per noi capire la causa dell'infarto»

Alberto non stava ascoltando. Provava solo un forte dolore nel cuore. Senza pensarci iniziò a correre, lontano da lì, lontano da tutto e tutti.

Era solo. Non aveva più amici, non aveva più una ragazza e non aveva più una famiglia. A furia di correre era oramai senza fiato, quindi decise di fermarsi in un vicolo per riprendere fiato. Scoppiò a piangere. Il cielo era nuvoloso, la luna era coperta. L'unica fonte di luce era un lampione. Alberto era rannicchiato sotto questa luce e continuava a piangere e domandarsi perché fosse successo tutto ciò.

Improvvisamente la lampadina del lampione si ruppe. L'oscurità lo inghiottì. Alberto si fece prendere dal panico e, a fatica, riuscì a prendere il cellulare. Il cellulare era spento. La batteria doveva essersi scaricata. Alberto era immobile, impietrito dalla paura che aveva spodestato il dolore per la perdita della madre.

«Finalmente siamo soli»

Alberto udì una voce, una voce che gli era familiare, ma non riusciva a ricordare di chi fosse.

Alberto: «Ch...chi sei?»

«Ma come, non ti ricordi di me? Sono venuta a trovarti quella sera, molti anni fa. Volevo esserti amica, ma tu hai cominciato ad urlare e da allora mi hai sempre rifiutata, lasciando sempre accesa la luce»

Alberto: «A...allora quella notte... n-non avevo sognato. C'era veramente qualcuno lì con me!»

«Esatto, ero io! Sarei tornata molto prima, ma tu lasciavi sempre quelle luci accese... E poi gli altri: invece di aiutarti a guarire per questa tua fobia, ti assecondavano. 'Se ha paura, che male c'è a dormire con una luce?', 'Tieni amore, ti ho comprato un cellulare con luce incorporata, così non dovrai più temere il buio', 'Bello di mamma, ti ho comprato una nuova lampada per la notte, puoi anche regolarne il livello di intensità!'. Tutti volevano lasciarti fuori dalle ombre, volevano impedire che noi due ci incontrassimo e facessimo amicizia.... ho dovuto prendere provvedimenti, eheh!»

Alberto cominciò a capire: «Tu... eri tu che hai mandato quei messaggi ai miei amici ed alla mia ragazza!»

«Esatto, è stato facile: mentre tu dormivi non ho fatto altro che prendere il tuo computer e scrivere quelle cose ai tuoi amici! Per il cellulare è stato più difficile visto che non te ne separavi mai e lo tenevi sempre vicino alla luce.... tranne una volta! Ed ovviamente ne ho subito approfittato»

Alberto: «Quindi... anche mia madre....»

«Un bello spavento e passa la paura! Per sempre, ahah!»

Alberto: «M...maledett...»

«Ssshhhh ora basta parlare.... dobbiamo diventare amici, ricordi? Abbiamo perso fin troppo tempo....»


*qualche ora dopo*

Agente: «Centrale, abbiamo trovato il corpo del ragazzo, era in un vicolo. Il medico legale dice che a causare la morte sia stato un infarto. Un infarto a 20 anni è una cosa molto improbabile, ma forse lo shock per la morte della madre deve aver contribuito. Ci apprestiamo a portare il cadavere all'obitorio per ulteriori esami, forse ci confermeranno l'uso di sostanze stupefacenti... la smorfia che ha sul viso ed il colore della pelle non mi piacciono per niente. Passo e chiudo»

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